Aree di Intervento  <  Torna a Clinica
11. crisi adolescenziali e della prima età adulta

L’adolescenza segna l’inizio di un intenso passaggio, sia fisico che psicologico, tra l’infanzia e l’età adulta.
L’adolescente è allo stesso tempo un bambino e un adulto, ma in realtà non è piùun bambino enon è ancoraun adulto. La domanda più importante che si pone è: “Chi sono io?”, nella continua ricerca di sè, e nelle trasformazioni delle relazioni con gli altri.
Ilcambiamento del corpo primis impone una trasformazione globale e mette in moto un processo lento e complesso che coinvolge sial’immagine e la rappresentazione di séche lerelazionicon le persone emotivamente significative. Cambia il pensiero, la percezione di se stessi, ci si confronta con ciò che si vorrebbe essere, cambia la visione del mondo, ci si interroga sul futuro.
E’ un processo che continua anche negli anni successivi e che porta con sé tanti interrogativi relativi al chi sono, dove andrò, cosa farò, con chi sarò, e che comportaoscillazionitra spinte progressive e regressive, tra movimenti in avanti e indietro, tra momenti di entusiasmo ed euforia e altri di insicurezza e incertezza.
La maggior parte dei ragazzi riesce ad attraversare il processo adolescenziale e della giovane età adulta con sufficiente serenità e fiducia, pur con i fisiologici alti e bassi. A volte invece questo passaggio può essere vissuto come fonte di ansia, di eccessive tensioni e insicurezze.
Il Disagio giovanile si può manifestare attraverso comportamenti qualiritiro sociale, fobie e abbandoni del percorso formativo(scolastico e universitario) o del lavoro,ansiae attacchi di panico, dipendenze o abusodi alcol e droghe,depressione, autosabotaggiodel proprio corpo e delle proprie potenzialità,disturbi o disordini del comportamento alimentare,difficoltà affettive e relazionali, espressioni di un’impasse o di un blocco evolutivo.
Quando non è il ragazzo a chiedere aiuto direttamente, e’ comunque importante cogliere la valenza comunicativa dei comportamenti, unico modo forse in quel momento per esprimere una difficoltà o una sofferenza.
Una Valutazione-consultazione psicologica tiene in considerazione i diversi comportamenti e aspetti all’interno del funzionamento globale della personalità, della propria storia, del contesto in cui vengono vissuti e della specificità del momento evolutivo.

Quando inizia e quando finisce l’adolescenza?
A determinare l’inizio dell’adolescenza è il fenomeno fisiologico e universale della pubertà, che si manifesta attraverso le trasformazioni del corpo e la comparsa dei caratteri sessuali secondari, che accompagnano il raggiungimento della maturità delle ghiandole sessuali e la loro produzione di ormoni, diversi nel ragazzo e nella ragazza. Il corpo è il protagonista centrale di questo momento evolutivo e il cambiamento che si impone avvia un processo di trasformazione che coinvolge tutte le aree del funzionamento mentale. Esso introduce la discontinuità pur garantendo la continuità: è lo stesso corpo ma è un altro corpo, sconosciuto, di cui riappropriarsi (E.Pelanda). Il presentarsi di nuove possibilità, anche cognitive di astrazione e riflessione su di sè, pone l’adolescente di fronte all’individuazione, alla consapevolezza di sé, delle proprie possibilità e dei propri limiti. E’ un processo che mette in discussione le basi narcisistiche della personalità, cioè il senso di identità e di continuità con la propria storia, la fiducia e il senso di sicurezza e che ripone le basi per le scelte future.
Se la pubertà sancisce il punto di partenza di un innegabile cambiamento, la fine dell’adolescenza al contrario è più difficile da determinare. Nel corso degli ultimi decenni l'adolescenza si è notevolmente allungata, prolungando la moratoria tra la dipendenza del bambino e le responsabilità dell’adulto (“la famiglia lunga del giovane adulto”). Il film “Tanguy” a questo proposito ne è un’ottima rappresentazione. Ovviamente molte sono le cause sociali ed economiche che concorrono a determinare questo fenomeno: la maggiore durata del corso di studi e della formazione al lavoro, le difficoltà economiche che ritardano l’inizio di un inserimento lavorativo stabile, la precarietà professionale, la crisi dell’istituzione matrimoniale, una sempre più grande libertà dai vincoli di tipo sociale. Mai come negli ultimi anni gli adolescenti hanno vissuto il paradosso di una precoce acquisizione di spazi di autonomia insieme ad un ritardo crescente dell’entrata nella vita adulta.
Allo stesso tempo i rapporti tra genitori e figli sono cambiati profondamente rispetto al passato, all’interno di un contesto di famiglia “affettivizzata” in cui il “contratto educativo” non si basa più sull’instillazione di norme e valori sotto l’autorità del padre, ma passa attraverso il linguaggio dei sentimenti. Le barriere generazionali si annullano in un clima di confidenza e intimità, con una maggiore difficoltà ad affrontare il conflitto e a porre limiti e divieti, e con una conseguente accentuazione della dipendenza affettiva e difficoltà nella separazione.
Inoltre se in un passato anche recente l’identità adulta era organizzata in ruoli rigidi e sistemi di valori ben definiti,complessità e flessibilità sono i cardini dell’identità contemporanea. La cosiddetta “società globale” richiede identità flessibili e orientate al cambiamento (Bauman ha descritto l’ “identità liquida, diffusa”, fluida e indefinita). E’ più difficile oggi integrare questi “sé multipli”, molteplicità di parti che hanno pari dignità, pensieri ed emozioni diverse, collegamento tra passato e proiezione nel futuro, per arrivare al sentimento soggettivo d’unità e continuità personale (essere se stessi) nello spazio e nel tempo.

Quando preoccuparsi?
Nonostante sia importante che i genitori sappiano tollerare le difficoltà transitorie legate ai momenti di crisi che il figlio adolescente attraversa e non siano eccessivamente ansiosi, è necessario comunque avere degli strumenti per capire quando è il caso di mobilitarsi per chiedere il parere dello specialista e riconoscere un’adolescenza problematica che rischia di portare alla formazione stabile di disturbi di natura psicologica. Il disagio può avere manifestazioni eclatanti oppure restare sommerso sotto un’eccessiva quiete che può nascondere però una sofferenza anche grave.
Molti sono perplessi dalla possibilità di ricorrere ad un aiuto psicologico come se questo potesse rappresentare un’inutile amplificazione dei problemi oppure una minaccia ai propri equilibri familiari e quindi fosse preferibile aspettare o mettere tutto a tacere. Lasciare lievitare i problemi, però, non è la soluzione. Meglio affrontare la situazione cercando un aiuto esterno competente e ristabilire un clima di fiducia se non altro nella possibilità che le difficoltà vengano affrontate dall’adolescente così come dai suoi genitori.
I genitori possono essere normalmente in ansia per il futuro dei propri figli, le difficoltà scolastiche, le persone nuove che frequenta, i comportamenti trasgressivi, l’instabilità emotiva e la fragilità di fronte alle frustrazioni. In certi casi si accorgono però che c’è qualcosa di più di un normale malessere. Oltre alla presenza di comportamenti di aggressività e trasgressione visibili e manifesti si può considerare un motivo di preoccupazione anche il fatto che il ragazzo perda le caratteristiche tipiche di mutevolezza mettendo in stallo il processo di cambiamento. Il ritiro, sentimenti profondi di noia e apatia generalizzati e costanti, presenza di rituali o un’eccessiva rigidità di certi comportamenti possono impedire di aprirsi alle nuove esperienze e mettere in scacco il processo di crescita. E’ fondamentale sottolineare la specificità di ogni singola situazione, ma è sempre importante in linea generale parlare con sincerità e partire da una comunicazione chiara al ragazzo delle proprie preoccupazioni e della proposta di chiedere un aiuto esterno.